Luigi Capuana.

TORTURA



Com'era avvenuto? Non avrebbe saputo dirlo neppur lei.

Insidia, aggressione!... Qualcosa di vigliacco e di brutale...

Un'infamia!

E al ricordo di quell'istante in cui la violenza del cognato aveva impresso a tradimento un bollo di fuoco nelle sue carni di moglie immacolata, ella agonizzava senza tregua, senza poterne dire una parola a nessuno, all'infuori che al Crocifisso a piè del quale s'era buttata, protestando per la propria innocenza, sciogliendosi in lagrime nel buio della camera, la terribile notte seguita alla sera della violazione, quando le era parso d'impazzire, di morire..., e non era né impazzita, né morta!

Com'era avvenuto?

Se lo domandava spesso, tentando d'illudersi per non più ricordarsene, per non più crederci; per ottenere, almeno così, un momento di riposo in quello straziante travaglio del sangue, dei nervi, dell'intelligenza che tornavano a ribellarsi contro l'oltraggio, quasi continuasse tuttavia l'opera sua vituperosa; indignata di se stessa quando credeva che la volontà non reagisse abbastanza da scancellarle dalla memoria l'orribile impressione; irritata contro tutti perché non la soccorrevano, anche ignorando la causa dell'incessante tortura...

Non si accorgevano che soffriva?

In certe giornate, allorché il cielo era coperto, o la pioggia scrosciava sui vetri del salottino dove ella tentava di distrarsi ora leggendo, ora applicandosi a un lavorino manuale, sentiva ahimè!

invadersi a poco a poco da una specie di fascino che la forzava a ricordare, a rappresentarsi fino i minuti particolari dell'atrocissima scena. I grandi occhi neri si dilatavano enormemente sul volto pallido e affilato; le mani scarne e bianchissime brancicavano i bracciuoli della poltrona dov'ella si distendeva con l'abbandono di persona morta; e mentre le labbra aride articolavano di tanto in tanto parole inintelligibili e sconnesse, quell'altra stanza che prima serviva da salottino, i mobili, i quadri, gli oggetti d'arte sparsi allora qua e là su le pareti e negli angoli, il tavolino tondo, il lume della ventola giapponese, le si rizzavano rapidamente attorno con la solidità del vero; quasi fossero ancora là, e non li avesse ella dispersi due giorni dopo, perché sparisse anche ogni inanimato testimone dell'incredibile onta...

Ma... e la sua debolezza non ci aveva concorso per nulla? Ma... e non c'era stato dalla parte di lei un cieco assentimento di sensi?... Oh, no! Oh, no!... Ella non sospettava; non diffidava... Il fratello di suo marito!... Sarebbe stato un delitto.

Colui parlava quasi sottovoce, stranamente commosso, seduto di rimpetto; ed ella agitava il largo ventaglio nero, senza guardarlo in viso, sorridendo di quel ch'egli diceva e del modo con cui lo diceva, distratta, nell'intimità dell'ora tarda o da una canzone che saliva inattesamente dalla via e si allontanava affievolendosi, o dal rumore di una carrozza che passava di corsa; il silenzio, poco dopo, rendeva più dolce e più intimo il conversare, lasciando un po' di libertà all'immaginazione e non obbligando a rispondere.

Durava da parecchie settimane. Nella lontananza del marito, egli era venuto più di frequente, anche per affari... Come sospettare?... Come diffidare?... Mai una parola, mai un'occhiata, mai un gesto che potesse metterla in guardia!

Si era levato da sedere continuando a parlare, facendo qualche passo su e giù davanti a lei, con certi sguardi che le avevano dato un senso di meraviglia e le erano parsi un po' buffi in quel momento... E a un tratto...

Ella si dibatteva, come se quelle labbra le ricercassero di nuovo il viso, il collo, le mani che si difendevano: No! No! No! Ed era soggiaciuta per l'annientamento d'ogni forza, vinta da un immenso stupore, quasi fosse stata non già vittima, ma testimone di quel delitto!... E si era rizzata, ravviandosi istintivamente i voluminosi capelli disordinatisi nella breve lotta, cercando con lo sguardo lui che era scappato via come un ladro, lui che ella avrebbe voluto chiamare in soccorso, tanto quell'infamia le pareva incredibile! Così rizzavasi ora, ogni volta che l'allucinazione la vinceva; e così riportava istintivamente le mani al capo per ravviarsi i capelli alla rinascente sensazione del disordine di allora.

E rivedevasi ritta in mezzo al salottino, come si era vista in quel momento nello specchio di faccia, senza riconoscersi, atterrita di quel fantasma pallido e sconvolto che non si moveva, là, non parlava, e pareva non respirasse neppure... E compreso l'orrore che era stato consumato e non si poteva più cancellare aveva nascosto le improvvise vampe del volto tra le mani diacce e convulse.

Lui!... Lui!... Il fratello di mio marito!

Barcollava, come allora ch'era andata tentoni per le stanze buie fino alla camera da letto; e, come allora, i singhiozzi e il pianto tornavano a farle nodo alla gola:

Lui!... Lui!... Il fratello di mio marito!

La mattina, quando s'era trovata ancora piangente, accoccolata come una mendicante sul pavimento, con la testa appoggiata alla sponda del letto, le mani avviticchiate attorno ai ginocchi; al barlume dell'alba, penetrato nella camera dai cristalli rimasti aperti, la prima sensazione che le aveva dato la coscienza di se stessa era stata un invincibile ribrezzo dei vestiti che trovavasi in dosso; poi, una pazza paura che non le si fossero appiccicati alle carni per perpetuare la sua onta. Rapidamente s'era spogliata, strappando i bottoni, i ganci, ogni cosa che faceva intoppo; e rivestitasi in fretta, aveva spinto coi piedi fuori della stanza quel mucchio di roba e di biancheria, quasi fosse stato un sudiciume da potere appestar l'aria.

Era rimasta tutta la giornata chiusa in camera, scusandosi con un'emicrania, senza voler vedere nessuno, neppure la sua bambina venuta a picchiar all'uscio colle manine, chiamando: Mamma! Mamma! - Ed era rimasta lì, buttata sul letto, col volto affondato nei guanciali, al buio, smaniante di urlare forte, forte, forte, perché il marito lontano la sentisse, turandosi nello stesso tempo con le mani la bocca, per impedire che qualche grido non le sfuggisse mentre si sentiva soffocare. E quando suo marito sarebbe tornato? Oh, non ci voleva pensare! Sarebbe morta, prima. Non si sentiva già morire? Ed era bene.

Al terrore di quel prossimo arrivo, all'idea di sentir sovrapporre ai baci maledetti i dolci e affettuosi baci di lui, brividi acuti le correvano per le ossa. Dio!... Non si sarebbe accorto subito? Intanto ella, no, non poteva accusare, non doveva... Quell'infamia era così enorme, che nessuno l'avrebbe creduta. Un fratello! e meno di tutti suo marito... In certi momenti riusciva forse a prestarsi fede ella stessa? Non le pareva d'essere sotto l'incubo d'un cattivo sogno, mostruoso, prodotto dall'immaginazione malata?... Ed era una realtà!

Sentendo che egli aspettava in salotto, aveva avuto la temerità di tornare e chiedere di parlarle! tremante e convulsa era sbalzata dal letto, senza sapere quel che intendesse fare; e si era strascinata fin là, arrestandosi in mezzo all'uscio per appoggiarsi e non cadere.

Egli le si era buttato ai piedi, soffocato dai singhiozzi:

Perdonami, Teresa, perdonami!... Parto... Non ci vedremo più... Ero pazzo!... Ho orrore di me... Perdonami... Ti ho amata... Da due anni... Mi ero allontanato di casa tua per questo... Perdonami!

Andate via... Neppure Iddio può perdonarvi!... Andate via!

Rantoli più che parole, fremiti di odio, che ne rendevano irriconoscibile la voce.

Teresa!... Risparmiamogli un inutile dolore...

Non aveva soggiunto altro, implorando. Ed ella, nel vederlo andar via col passo malfermo d'un uomo a cui traballasse il terreno sotto i piedi, gli aveva ripetuto: Andate, andate! Maledizione, sputo di disprezzo, dove si riversava tutta l'ambascia del suo povero cuore avvelenato per sempre!



E al ritorno del marito?

Voleva essere forte, per non tradirsi con la menoma esitanza o col più lieve movimento delle labbra e degli occhi... Perciò parlava spesso del ritorno del babbo alla bambina, tenendola sulle ginocchia, accarezzandola; quasi l'innocente creatura, incapace di mentire, dovesse poi, occorrendo, testimoniare in favore della mamma!... Ma stringendo al petto la figliolina che le fissava in viso, un po' meravigliata, i begli occhi azzurri, e pareva tentasse di penetrarne, a quelle eccessive carezze, le nascoste intenzioni; come più l'ora dell'annunziato ritorno si avvicinava, come più il momento della terribile prova diventava imminente, ella si sentiva di giorno in giorno assai meno rassicurata, assai meno forte. E allorché il marito le scrisse che sarebbe stato trattenuto ancora una settimana dagli affari respirò alleviata; senza curarsi che il ritardo prolungasse la tortura dell'incertezza, illudendosi di doversi sentire tanto più coraggiosa e più forte, quanto meglio si fosse preparata e assuefatta al terribile colpo di quell'incontro.

Si occupava soltanto di lui. Nel salottino, rinnovato da cima a fondo e che gli avrebbe procurato una sorpresa, le pareva di amarlo con maggior tenerezza, quasi con ineffabile pietà materna; giacché ora le accadeva di chiamar più facilmente: Figliolo mio! colui che, datole cuore, nome, agiatezza, e rimasto modello di marito innamorato della moglie, sapeva mettere nell'intima affezione coniugale tutte le delicatezze dell'affetto fraterno e l'alta devozione della vera amicizia. Si occupava soltanto di lui; voleva occuparsi unicamente di lui, anche per scacciar via l'immagine di quell'altro, del colpevole, che talvolta la faceva sobbalzare, pallida di indignazione, come nel punto ch'egli le aveva balbettato ai piedi: Perdonami, Teresa! Ti amavo, da due anni!

Da due anni?... Ah!... Intendeva forse che ella doveva essersene già accorta?... E perciò aveva supposto... Le lagrime, che allora le sgorgavano dagli occhi, le bruciavano il viso: Miserabile!...

Miserabile!

E almeno aveva ancora la forza di sdegnarsi! E almeno poteva ancora buttargli in faccia, quasi fosse stato presente, quel feroce:

Miserabile! che le scoppiava simile a un fulmine dalle labbra contratte.

Ma tosto che le parve di sentir dentro di sé un accenno, un preavviso di cui le sue stesse viscere inconsapevolmente provavano nausea; ma quella mattina, seguita a una mortale nottata d'insonnia, in cui l'accenno, il sospetto era divenuto certezza per lei, si era d'un colpo sentita annientare, quasi le sue membra avessero voluto sciogliersi, disgregarsi, per uccidere l'empio germe vitale da cui sarebbe accusata al marito, alla figlia, a tutti, spietatamente, inesorabilmente...

Oh, Signore!... Era mai possibile?

Quella mattina ella respinse in modo brusco anche la bambina che voleva saltarle al collo per darle il buon giorno. Sbalordita, atterrita, neppur capiva il significato delle parole che andava pronunziando interrottamente, ad alta voce, come una pazza, torcendosi le mani, appoggiata al letto colle gambe irrigidite, puntando i piedi sul tappeto. Era mai possibile?... Oh, Signore! Poi, si era sentita inattesamente tranquilla, con disperato abbandono alla fatalità dei casi umani e un lontano, quasi fanciullesco, luccicore di speranza...

Dio, con un miracolo, Dio solo potrà salvarmi!



Al rumore dei propri passi nell'oscurità silenziosa e vuota della chiesa, le era parso che qualcuno l'avesse inseguita fin dov'era corsa a chiedere consigli e conforti al vecchio confessore.

Da due giorni la ragione le vacillava. Uno spaventevole suggerimento le brontolava insistentemente nell'orecchio; e non gli aveva dato ascolto per paura, per viltà, quantunque la morte le sembrasse liberazione e anche espiazione. Ma non sapeva, non poteva... Ora sarebbero stati due delitti in uno... No! No!

In un angolo, perduta nell'ombra, una donna in ginocchio e colla testa appoggiata alla balaustrata di marmo che chiudeva la cappella, pareva singhiozzasse pregando. A lei però non riusciva né di pregare, né di piangere; le lagrime le si erano disseccate dentro gli occhi. Ebete, simile a un accusato che paventi l'apparire del giudice da cui dovrà essere condannato, attendeva seduta che il vecchio confessore, già fatto avvisare, giungesse: e intanto si distraeva, guardando fisso quella figura di donna curva sul marmo della balaustrata, provandone una viva compassione. Quando costei, levatasi in piedi e pregato un istante col volto alzato verso l'immagine dell'altare, Madonna o santo, non si distingueva bene, era sparita via silenziosamente, simile a un fantasma doloroso, ella era rimasta sola, sopraffatta dal terrore di quella oscurità, di quel silenzio, di quelle statue biancheggianti nell'ombra, di quelle lampade agonizzanti nel misterioso fondo dell'abside... Ma n'era uscita consolata, alleggerita del peso enorme che le schiacciava il petto, rassegnata a tutte le conseguenze del volere di Dio.

Una voce piena di dolcezza e di pietà le aveva detto:

No, tu non sarai rea, tacendo. Poiché la tua coscienza non può rimproverarsi niente, poiché non hai trovato niente in fondo al tuo cuore da doverne chiedere perdono a quel Dio che legge i più nascosti abissi dell'uomo; va, tu sei ancora pura e innocente anche al cospetto di tuo marito; e faresti molto male, e ne saresti responsabile innanzi agli uomini e innanzi a Dio, se ti lasciassi fuggir di bocca quel che ormai dovrà rimanere un triste segreto fra Dio e te!

Che gentile carezza al viso l'aria fresca della via! Il cielo pallido ancora degli ultimi riflessi del crepuscolo, e lucente alto, fra i tetti nereggianti, con limpidezza profonda, come corrispondeva alla mite luce che le sorrideva nell'animo dal vero cielo della parola divina! E come sentivasi dolcemente stanca, in quella deliziosa convalescenza dello spirito, che la rendeva immemore e meravigliata di poter passare lieta, tra la gente lieta dei marciapiedi! E che fretta di trovarsi in casa per abbracciare la bambina! Da due giorni, povera creatura, doveva essere afflitta di vedersi così poco baciata e abbracciata! Camminava svelta e leggiera. Tutto era finito; non ci era più da temere. Il miracolo che doveva salvarla era dunque avvenuto?

Nell'avvicinarsi a casa, però, ecco qualcosa che le saliva, le saliva lentamente dal profondo del cuore; ed ecco di nuovo quel cieco terrore di cui le pareva d'essersi sbarazzata lassù, nella penombra e nel silenzio della chiesa, dietro la grata del confessionale. Sì, avrebbe taciuto... Sì, avrebbe mentito... Ma se suo marito tardava ancora?

Accelerando sempre più il passo di mano in mano che quel terrore riprendeva intero possesso di lei, era arrivata a piè della scala, ansante, con le ginocchia fiacche, peggio che se avesse fatto una gran corsa; e dovette reggersi al ferro della ringhiera per montar gli scalini, e poi fermarsi un momento dietro l'uscio per riaversi e ricomporsi prima di suonare il campanello. La bambina le era venuta incontro saltellante, agitando il telegramma del babbo. Teresa lo aveva mezzo strappato per aprirlo; e lettolo, si era lasciata cascare sulla seggiola, trattenendo a stento le lagrime, coprendo di baci la testina bionda che le domandava:

E' del babbo? Verrà domani?

Sì, sì, domani!...

La gioia della bambina le dilaniava il cuore. Domani!

Forte della sua innocenza, durante l'interminabile nottata ella si era ripetuta una dietro l'altra, per fissarsele meglio nel cuore, tutte le confortanti parole del vecchio sacerdote; e aveva invocato dal cielo il coraggio di risparmiare al marito l'immeritato strazio di quell'onta. Neppure la sua bambina doveva un giorno arrossire, quantunque a torto, della povera mamma! Dio certamente avrebbe impedito che quest'altra creatura, per la quale ella non avrebbe potuto mai avere viscere di madre lo sentiva, mai! mai! venisse viva alla luce.

Le ore scorrevano con tormentosa lentezza sul quadrante dell'orologio che ella osservava a intervalli; le pareva intanto che le sue preghiere, nella vasta calma della notte, dovevan più facilmente arrivare lassù. E già si sentiva ascoltata, già si sentiva consolata di nuovo.

Perché doveva repugnarle mentire? Non era per buon fine? Come facevano dunque quelle altre che mentivano a fronte alta, a cuor leggiero, tradendo? Infine... se non le fosse riuscito, se quegli per caso si fosse accorto... Ebbene, che poteva farci? Avrebbe parlato, avrebbe confessato... sì, sì! Era forse meglio... Soltanto le otto e mezzo? Altre otto ore di agonia!

Si voltava e si rivoltava nel letto, tastandosi spesso la fronte che le bruciava, tentando invano di distrarsi, di non pensare; e brancicava furiosamente le lenzuola quando l'immagine di quell'altro, scacciata via o tenuta lontana un pezzo, tornava ad assalirla come un invasamento, parlando dal profondo delle viscere di lei; irridendola quasi col mandarle a traverso lo spazio, dall'oceano che egli forse in quel momento traversava, le infami parole: Ti amavo! Da due anni! Non avrebbe taciuto mai?

Era rimasta a letto fino a tardi, incapace di fare lo sforzo di levarsi; quasi, restando immobile, potesse anche ritardare la corsa del treno con cui suo marito tornava; poi s'era alzata tutt'a un tratto, irrigidendosi contro ogni impressione capace di infiacchirle l'animo, improvvisamente risoluta di affrontare faccia a faccia il pericolo. Con la cipria rosea e colorandosi lievemente le labbra sbiadite, aveva scancellato dal volto qualunque traccia di pallore; e provava, come una attrice la parte da recitare, quel che avrebbe dovuto fare e quel che avrebbe dovuto dire all'arrivo di lui...

Sarebbe stato un attimo, ma le tardava che già non fosse passato!

Perciò andò incontro al marito franca, sorridente, col cuore, sì, un po' agitato, mordendosi le labbra e gli stese le mani sicura; e non tremò tra le braccia di lui, e resistette all'impressione di quei caldi baci con l'alterezza della innocenza. Era commossa nel vederselo dinanzi gentile, buono, affettuoso, qual era partito; e si stupiva che il fingere e il mentire non costassero insomma maggiore sforzo.

Soltanto quando il marito, alla vista della trasposizione e dei mutamenti da lei fatti nel salottino, le domandò perché non glien'avesse scritto mai niente, ella, con qualche imbarazzo e alzando le spalle, rispose: Capriccio. Non sdegnartene, Giulio.

In verità n'era malcontento. Non gli pareva di ritrovarsi in casa propria; quasi avesse fatto uno sgombero, egli che odiava gli sgomberi. Viveva da sette anni in quella casa. La sua felicità era nata e cresciuta là, in quelle stanze ariose, fra quei mobili che avevano veduto e sentito, quasi persone vive e di famiglia, tutto quel che più intimamente lo interessava e gli era caro, sin dal primo giorno dopo il viaggio di nozze.

Volevo farti una sorpresa, ella aggiunse, esitante...

Giulio sorrise. Infine, i mobili e oggetti d'arte avevano solamente mutato di posto, dalle altre stanze nel nuovo salottino; e la loro disposizione era così gentile e intonata che poco dopo egli non provava più il cattivo effetto della prima impressione. La bambina, arrampicataglisi sulle ginocchia, lo accarezzava, lo baciava, aggrappata al collo, chiamandolo: Babbino bello... Babbino caro... - Intanto, fra i baci e le carezze, egli osservava sua moglie:

Sei un po' dimagrita...

Ti pare?

E un po' pallida. Non sei stata ammalata, spero.

Ho avuto l'emicrania...

Rispondeva tranquilla, senza abbassare gli occhi sotto quegli sguardi che la scrutavano, anzi interrogava a sua volta:

Tu però mi sembri pensieroso. Che hai?

La partenza di Carlo...

... E' partito?... Per dove?

Come? Tu non sai?... Carlo è partito per l'America, improvvisamente.

Non disse niente neppure a te?

No.

Lo sforzo di fingere la rendeva quasi sincera. A quel nome, un leggiero brivido le era passato per la schiena; ma, subito rimessasi, ella mostrava di ascoltare con curiosità e meraviglia il marito che le raccontava l'improvvisa partenza del fratello.

Risoluzione inesplicabile... Temo che qualche grosso affare non gli sia andato male... M'informerò, senza destar sospetti... Ne sono molto impressionato.

Tornerà presto.

Dice che non tornerà più!...

Ella ebbe un senso di sollievo, e deviò il discorso.

I tuoi affari vanno bene?

Benissimo.

La bambina, presa in quel punto una mano alla mamma e mettendola in quella del babbo, gli diceva ridendo:

Non vedi?... La mamma vuol essere baciata anche lei.



Ogni apparenza era salva, ogni ragione di timore sparita; ella avrebbe potuto viver tranquilla, seppellendo nel più profondo del petto quel terribile segreto, ed ecco che la sua tortura ricominciava più atroce.

Con la irritazione contro l'incestuosa creatura che le palpitava in seno e non le dava nessuna delle sofferenze provate nella prima gravidanza, Teresa era divenuta così nervosa, così eccitabile, che ogni insignificante contrarietà le produceva strani scoppi di stizza, seguiti spesso da sfoghi di singhiozzi e di pianto.

Ma che ti senti insomma? Sei malata? le ripeteva suo marito.

Non dire così; è peggio! rispondeva piena di rabbia e di vergogna.

Una mattina che Giulio, turbato e tenendola per le mani, aveva insistito più del solito perché parlasse, Teresa gli si era buttata al collo piangente, stringendolo forte, premendo con la faccia sulla spalla di lui.

Non lo capisci? Tu sei malata...

No! no!

E quasi gli aveva morso il collo, spaurita, sentendosi salire alle labbra la terribile rivelazione che la strozzava.

No... No... E' per la bambina... Ho il cuore grosso... Che so io?...

E gli era cascata quasi in convulsione tra le braccia. Giulio, spaventato, aveva mandato subito pel dottore. Il dottore, dopo poche interrogazioni e osservazioni, s'era messo a sorridere; e nell'andar via gli aveva raccomandato:

Bisogna che la signora stia molto calma. Le conseguenze d'un aborto potrebbero essere gravi.

Ella era rimasta sdraiata sulla poltrona, con tale abbattimento di forze da non poter tenere nemmeno semiaperti gli occhi; e mentre il marito la confortava, lieto del male passeggero, pregandola di riguardarsi, giusta le raccomandazioni del dottore, lagrime silenziose le scorrevano sul bianco volto, e le mani ghiaccie le tremavano stringendo la mano di lui.

Mi hai fatto paura! egli le diceva, asciugandole la faccia, accarezzandola, dandole lievi baci sulla fronte... Mi hai fatto paura, sai?

Ma Teresa non rispondeva, immobile, sfinita; e pensava fisso a quell'aborto che sarebbe stato la sua salvezza, se fosse davvero avvenuto. E ruminando cattivi propositi contrariamente alle raccomandazioni del dottore, vedeva passare, quasi in sogno, una minuscola cassetta funebre portata via di nascosto da un uomo vestito di nero, come ben si addiceva alla trista cosa lì racchiusa... E pareva che quell'uomo vestito di nero, con quella funebre cassetta sotto braccio andasse, andasse, andasse... e si perdesse lontano, in una nebbia fitta, mentre le viscere dilaniate le doloravano ancora.

Non avveniva così. Il suo fragile corpo diveniva più resistente e più forte, il tormento dell'animo prendeva maggior vigore. E intanto non solo ella non si riguardava, ma commetteva imprudenze; s'affaticava, si stancava, si esponeva a serii pericoli, e senza approdare nulla!

Così, di giorno in giorno, mentre il seno le si arrotondava con la più benigna e più sana gestazione che mai donna potesse desiderare, un odio sordo la invadeva contro quell'ostinato germe che voleva vivere per forza e crescere e venire alla luce... E picchiando sul proprio seno, intendeva schiacciare il capo dell'invisibile nemico lì dentro nascosto, finché inorridita di quel soffio di pazzia che le aveva attraversato il cervello, non s'arrestava e non cadeva in ginocchio invocando il perdono di Dio, e dell'innocente creatura.

Era ingiusta. Non doveva risentire solo colei il peso dell'infamia altrui, né scontarne la pena!



Poco dopo la bambina s'era ammalata gravemente. Teresa aveva voluto restare notte e giorno al capezzale della inferma. Preghiere non erano valse, né minacce del marito per indurla a rimuoversi di là. Il rimorso le lacerava il cuore. Ella rammentava con spavento la vile menzogna: E' per la bambina... Ho il cuore grosso... Che so io?... - E il ricordo di queste parole le si mutava in terribile rimprovero, quasi avesse buttato così una cattiva sorte addosso alla creaturina che ora smaniava nel letto riarsa dalla febbre, tra la vita e la morte... Oh, lei stessa la uccideva! La bambina avrebbe espiato, vittima pura, l'infame delitto di quell'uomo! E credendo d'assistere all'agonia della creatura che era stata la sua gioia, la sua superbia di madre immacolata e felice, si sentiva intanto sussultar nel seno quell'altra con festoso anelare alla luce, con vivo senso d'allegrezza pel vicino sprigionamento. E presso il capezzale dove le pareva che l'alito freddo della morte gelasse il sudore sul viso sfigurito della sofferente, ecco il fantasma di colui dello scomparso che le si ripresentava dinanzi con umile aria di preghiera: Ti amavo, da due anni. Per questo m'ero allontanato da casa tua! Perché se lo sentiva così pertinace nell'orecchio? Perché il di lei pensiero vi si fissava dispettosamente, con una specie di sdegnosa compiacenza? E quando, Signore! quando? Ora che la sua figliolina era all'estremo, ora che avrebbe dato volentieri in olocausto la propria inutile e triste vita, pur di sviare il pericolo da quel capo diletto!



Il Signore era stato misericordioso; non le aveva preso la bambina!

Teresa riviveva con lei. E al rifiorire del roseo colore sulle guancine dimagrite, le fioriva in cuore una nuova dolcezza di maternità, un senso di pace che neppure quei rapidi sussulti del seno riuscivano a turbare.

La sua bambina era salva!

Si sentiva felice; non odiava più, con l'istessa intensità di prima, l'altra creatura che già si faceva sentire maggiormente col grave pondo e coi vaganti dolorini, preludi di un'altra fase di tortura...

Sì, di un'altra fase di tortura. La infelice non poteva pensare, senza raccapriccio, alla continua presenza di quell'insultante testimone della ignominia di lei, di quella menzogna, di quell'inganno vivente che sarebbe stato di continuo sotto i suoi occhi, e ch'ella non avrebbe mai potuto, mai! tenere come sangue e carne sua!... E allorché il marito la rimproverava dolcemente, non vedendole preparar nulla pel prossimo arrivo del figliolino tanto desiderato egli credeva con certezza che sarebbe stato un figliuolo Teresa gli rispondeva: Chi sa quel che accadrà?

Presentimento e mal augurio. S'era fissata nell'idea di dover morire soprapparto insieme con la creatura da nascere; e se ne rallegrava, provando pure un indefinito terrore di quel momento, e non per sé, ma per coloro che sarebbero rimasti, il marito e la bambina. E se la teneva stretta al suo seno per ore intere, accarezzandola, baciandola, quasi già fosse orfanella, dicendole cose strane che la bambina non capiva:

Se me ne andassi?... Se non tornassi più?

Saresti cattiva.

Non vorresti più bene alla mamma?

Dovresti portarmi con te.

Oh, no, figliolina mia!

La bambina, impressionata da questi discorsi, la denunciò al babbo: - La mamma dice che se n'andrà, che non tornerà più.

Giulio impallidì. La persistenza di quel presentimento gli aveva dato nel cuore. La mamma è una sciocchina! disse, tentando di scioglier la mano da quella di sua moglie.

Teresa lo trattenne. Hai ragione: sono una sciocca!

Provava insolite tenerezze anche per lui. Spesso gli gettava le braccia al collo, guardandolo fisso negli occhi, muta, quasi per compensarlo; vergognosa di non poter essere sincera e di dover tacere, lei, lei che non gli aveva mai nascosto un sentimento, un pensiero, com'egli a lei! E non potergli dire: Taci! quando le parlava del bambino che sarebbe stato il colmo della loro felicità coniugale! Ah, se egli avesse saputo!...

Giulio intanto progettava di dare il nome di Carlo al nascituro, per ricordo del fratello creduto morto da che non scriveva più e non se n'era potuto aver notizie né dai consoli, né dalla legazione... Il mistero lo tormentava. Così buono! Di carattere un po' chiuso, un po' fantastico, ma docile nella stessa impetuosità. Qualche passione malaugurata! rifletteva talvolta.

Ed ella tremava nel sentirglielo ripetere. A che stillarti il cervello? gli rispondeva con durezza. Ma si riprendeva subito: E' tuo fratello; hai ragione... Al bambino però, se sarà un bambino, daremo il nome di tuo padre. Non ti pare più giusto?



Negli ultimi quattro mesi era frequentemente ritornata dal confessore, ogni volta che si era sentita a estremo di forze. E il marito, lasciandole pienissima libertà, la canzonava un pochino, senza cattive intenzioni, credente anche lui, quantunque troppo distratto dal rimescolìo degli affari.

In quella chiesa dove tante volte aveva dato pienissimo sfogo al proprio cuore, ella trovava sempre il balsamo che le addolciva la piaga, e gliela rendeva sopportabile, se non riusciva a guarirla.

Ribellioni, indignazioni, tetri propositi, tutto si ammansiva, si acchetava in lei alla voce consolante che le parlava in nome del Signore.

Un'intima corrispondenza si stabiliva allora tra lei e Dio. Egli solo sapeva la verità!... Egli solo poteva giudicarla e compatirla! E, una o due volte, si era sorpresa con parole di preghiera, con invocazioni di perdono sulle labbra anche in favore di colui che le aveva fatto tanto male. Era morto? O espiava terribilmente il delitto di un istante? Là, in chiesa, poteva pensarci senza che la coscienza le si rivoltasse, senza che un'ondata d'odio e d'orrore le si sollevasse nel petto. Dovete perdonare anche voi, figliola mia! le ripeteva il confessore. E dietro il confessionario, a piè dell'altare, le riusciva facile. Ma da lì a poco, in casa, ai primi sussulti del seno, non sapeva, non poteva più!

In quell'ultima settimana, con la fissazione di dover presto morire, un senso più vasto di pace e di serenità la penetrava tutta, una tenerezza di distacco e di rimpianto, che involgeva persone e cose e le gonfiava gli occhi di lagrime. Non ne parlava per non rattristare anticipatamente suo marito. Si sforzava anzi di mostrarsi allegra; e preparava il corredino, quantunque lo credesse inutile, e la sola vista di quelle fasce, di quei pannolini, di quelle camicette, di quelle cuffiettine le desse i brividi... Ma il suo Giulio n'era contento; voleva apparir contenta anche lei.

Acuti dolori l'avevano tormentata fin dalla mattina, senza che n'avesse detto niente al marito. La morte, invocata e aspettata, ora le metteva spavento; e le pareva di allontanarla con l'illudersi che quelli che la incalzavano, non fossero i dolori prenunzi del parto.

Andava da una stanza all'altra, appoggiandosi alle pareti e ai mobili nelle strette che si rinnovavano sempre più forti, intestata di avvertire il marito soltanto all'ultimo, quando non avrebbe più potuto nascondergli le sofferenze. A un tratto aveva gridato: Giulio Giulio! E gli s'era aggrappata al collo, baciandolo desolatamente con le labbra diacce: Giulio!.. Muoio! Giulio!



Neppure allora era morta! Si tastava tutta, tastava le coperte del letto, per convincersi d'essere ancora in vita, per accertarsi che proprio suo marito accarezzasse e baciasse il bambino ignudo, vagente tra le mani della levatrice. Girava gli occhi attorno, stupita che il presentimento l'avesse ingannata; con tale confusione nella mente, e tal'indicibile prostrazione di forze da credere di sognare, o di vedere ogni cosa attraverso una nebbiolina leggiera, in mezzo alla quale si muovevano silenziosamente le persone, mormorando parole a voce bassa e che ella non riusciva ad afferrare. Forse si muore in questo modo! pensava.

Al destarsi dal sonno riparatore che l'aveva vinta, allo scorgere a piè del letto il marito in amorosa contemplazione del neonato, che riposava coperto d'un velo di tulle; al: Come ti senti? di Giulio, a cui dalla commozione e dalla gioia tremava la voce, ella lo fissò spalancando gli occhi, sorridendogli inconsapevolmente. Sentiva intanto dentro di sé un'oppressione non mai provata, uno strazio nuovo: la barbara violazione del cuore materno, che le rendeva repugnante la bella creaturina dormente lì accosto.

Guardalo... Che bocciuolo di rosa!

Giulio non si era contentato di sollevare il velo di tulle da una parte; ma, spinte le mani sotto il guanciale dove il piccino era adagiato, lo aveva deposto delicatamente a fianco della mamma, perché potesse ammirarlo senza scomodarsi. Ella si trasse un po' indietro e serrò gli occhi...

Che hai, Teresa? Ti vien male?

Allontana cotesto guanciale... Mi opprime il respiro... E questa coperta...

Non era vero. Voleva soltanto, a ogni costo, evitar di baciare il piccino; avrebbe voluto, se fosse stato possibile, impedire egualmente che suo marito lo baciasse.

Quelle carni rosee non gli avrebbero dato alle labbra una sensazione rivelatrice? A lei poi... sarebbe parso di baciare...

Oh no... mai, quantunque il suo cuore di madre la invitasse intanto e la spingesse!... Avrebbe voluto, almeno, che qualche tregua si fosse stabilita tra la innocente creaturina e lei; ma nel tempo stesso che parte di lei così desiderava e voleva, l'altra parte, la più orgogliosa, si tirava indietro, s'adontava di quel desiderio, si ribellava a quella volontà e cercava di paralizzarla! Voleva forse baciare?.. E restava là, cogli occhi serrati, inerte, sotto lo spasimo della chiusa tortura; pensando con terrore che finalmente, una volta o l'altra, doveva vincere la ripugnanza per non dar nell'occhio al marito. E inorridiva dell'inevitabile contatto che le avrebbe fatto risentire più immediata la violenza patita. La mattina che dinanzi al marito non poté fare a meno di baciare il figliolino prima di tentare di dargli la poppa, appena sfiorate con le labbra quelle carni delicate, Teresa gettò un urlo e cadde in deliquio.



Si era immaginata che dando il bambino a balia, avrebbe dovuto sentirsi alleviata, sollevata; invece era peggio. Giulio parlava continuamente del piccino. Ogni due o tre giorni le proponeva una scarrozzata fuori Porta, fino alla cascina della balia. La figliuola, anche lei, rammentava in ogni istante il fratellino con cui avrebbe voluto già fare il chiasso insieme. Così l'odiata creaturina, quantunque lontana, riempiva la casa di sé più che se fosse stata presente... E poi... Come?... Perché ora?... ella si domandava spaventata. E poi, qualcosa di strano, di mostruoso cominciava ad avvenire dentro di lei... Come?... Perché ora?... Dio! Dio!

Quell'altro, lo scomparso, tornava a poco a poco a farsi risentire, dimessamente al suo solito, supplichevole: T'amavo! Da due anni!...

Come?... E lei, lei più non se ne offendeva?... E lei stava ad ascoltare, mezza indignata, sì, ma pari a chi lascerebbesi forse commuovere se lui avesse insistito? Ahimè! Nella solitudine in cui volentieri rimaneva per lunghe ore della giornata, il ripetìo di quel:

Ti amavo!... Da due anni! diveniva sempre più insinuante e più forte... E all'allucinazione del suono delle parole, s'univa quella della figura, alta, bruna, dal viso serio, dal lo sguardo severo e contenuto a stento... E qualcosa si ridestava in tutto il suo corpo con lento brulichìo di sensazioni e vibrazioni, qualcosa rimasto a germogliare nell'oscurità feconda, e che usciva fuori a un tratto, e si espandeva e fioriva... Questo le pareva più abbietto della prima violazione del suo corpo...

No! No! No! protestava sdegnata, come in quel triste istante, in quella sera. No! No! Inutile! Ti amavo da due anni! E lei non se n'era mai accorta!... Quanto avea dovuto soffrire colui! Che tormenti e che lotte, povero giovane! E si era esiliato per lei! E aveva abbandonato tutto.. per lei... per espiare la colpa d'un istante! - ella pensava trasognata, quasi un'influenza esteriore le spingesse la povera mente verso quel punto e ve la tenesse fissata.

E riscuotendosi tutt'a un tratto, guardava attorno atterrita, feroce contro colui, riboccante di disprezzo di se stessa, con così tragico pallore sul viso, e sguardi così smarriti, che Giulio tornava a impensierirsi. La gravidanza ora non c'entrava più. Certe stranezze del carattere di sua moglie diventavano addirittura inesplicabili. Non la riconosceva! Nei momenti, nei giorni ch'ella tentava di rifugiarsi in lui per vincere il tristo dèmone, egli la vedeva sempre agitata, eccessiva in quei baci ed abbracci più da amante che da moglie, e affatto diversa da quella ch'era stata fin allora.

Poi, ella mostrò improvvisamente desiderio di lanciarsi fuori della cerchia intima e tranquilla che li aveva accolti tant'anni, ignari quasi ed ignorati, paghi e contenti della felicità di amarsi e di sentirsi amati fra le consapevoli pareti dove non giungeva nessun rumore della vita cittadina. E a quegli scatti di sensazioni, a quei capricci di passeggiate, di visite, di teatri, di feste, che lo meravigliavano assai, Giulio cominciò a temere che la gravidanza non avesse lasciato in lei qualche funesto germe d'esaltazione nervosa...

Il dottore, ripetutamente consultato, senza che Teresa ne sapesse nulla, era stato d'ugual parere. Avevano fissato insieme un metodo di cura abilmente combinato; viaggi, bagni, regime ricostituente... Ed ella aveva subito acconsentito, lietissima. Capiva che già v'era qualcosa di guasto di sé, di affievolito per lo meno. Lo stesso confessore non le consigliava di distrarsi, di fuggire la solitudine, perché in questa il demonio conduce meglio il suo scellerato lavoro di tentazione?

Era andata più volte ad accusarsi, ingenuamente, chiedendo perdono a Dio della sua debolezza, implorando la forza di resistere; e confessore e dottore, quasi d'accordo, le ripetevano: Si distragga!

Ma che posso farci?... Il nemico è accovacciato qui, nel mio interno! Da un mese ella dormiva soltanto a brevi intervalli; poi le palpebre le si ritiravano in su. Doveva svegliare ogni volta il marito? E il nemico la sopraffaceva.

Andati per vedere il bambino, avevano trovato la balia piangente.

Signora mia, non vuol poppare.

Da quando? domandò Giulio.

Da ier sera dopo le otto. Alle quattro aveva poppato benissimo.

Giulio disse: Non è nulla... Riportiamolo in città -. Fingeva di non essere turbato, per rassicurare Teresa che teneva fissi gli occhi sulla culla dove il bambino, col viso pallido, i labbrini violacei semi aperti e le manine increspate, dormiva.

Che triste ritorno! Ella si era rovesciata in fondo al legno, muta, stringendo una mano di Giulio. La balia seduta dirimpetto, canticchiando sotto voce, cullava il piccino; e la bambina, su le ginocchia del babbo, stringendogli la testina alla spalla, ora guardava lui, ora la mamma, e non osava rompere il silenzio. Solo Giulio, che invece avrebbe voluto piangere, tanto aveva il cuore ingrossato, ripeteva di tratto in tratto, monotonamente: Non sarà nulla! Non sarà nulla!

Alle prime parole della balia, Teresa aveva avuto un sussulto:

Se il bambino morisse! E il malvagio istintivo movimento era stato subito seguito da un senso di ribrezzo e di orrore. Poi, in casa, attorno al lettuccio del bambino, quando già si poteva leggere in viso al dottore il destino della povera creaturina, la brutale preoccupazione della propria salvezza aveva preso di nuovo il sopravvento, snaturata, senza pietà. Sentendosi quasi affogare, la infelice s'aggrappava a tutto. Pur di salvarsi lei, che doveva importarle degli altri?... Perciò s'irritava contro suo marito che, inconsolabile, forsennato, pregava, scongiurava il dottore con insistenza bambinesca, quasi lo credesse padrone della vita e della morte e capace di fare un miracolo!... Il maleficio le pareva legato a quel filo di esistenza che non voleva spegnersi, che non volevano lasciar spegnere... lui specialmente, suo marito!... Ed ella vibrava tutta, si sentiva tirare, strizzare tutta; vedeva fiammelle.

E immediatamente, senza stacco, cadeva in grande prostrazione, mutata di punto in bianco, con le lagrime agli occhi per quella creatura agonizzante; stupita che poco prima avesse potuto desiderare e affrettare coi voti l'empio scioglimento.

Ma sì, ma sì!... Lo voleva! Aveva sofferto troppo!... Non resisteva più! E vedendo il marito chino sul lettuccio, dolorantemente intento a spiare il mancante respiro del figliolino, si sentiva spinta ad afferrarlo per un braccio e strapparlo di là, e urlargli una terribile parola. Il sangue le affluiva al cervello, le martellava le tempie, un violentissimo tremito tornava a scoterle la persona. Giulio!...

Giulio!...

Voltandosi al grido sommesso, egli l'aveva vista accostare cautamente, in punta di piedi, con gli sguardi smarriti e un dito sulle labbra.

- Lascialo andare, Giulio!... Lascialo andare!... E lo tirava via dolcemente, sorridendo triste, scuotendo la testa con movimento significativo...

Teresa! Teresa mia! balbettò Giulio, non comprendendo ancora tutta la sua sventura da quegli occhi smarriti, da quelle parole incoerenti.

Lascialo andare... Ti vorrò più bene... Vorrò bene a te solo. A te solo! ripeteva la misera pazza, tirandolo pel vestito: A te solo!

Sei mesi dopo, al ritorno della ragione, ella credeva di aver fatto un lungo sogno orrendo, e lo raccontava al marito, domandandogli a intervalli:

Ho sognato, è vero?

Sì, hai sognato, egli rispondeva fremendo. Abbiamo sognato tutti! soggiunse all'ultimo.

E pensava quasi con invidia al fratello che aveva cessato di sognare, uccidendosi in Australia.


FINE.