Lorenzo de' Medici
detto Il Magnifico
Canzoniere
Poesie scelti
Canzona di Bacco
Quant'è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quest'è Bacco e Arianna
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché 'I tempo fugge e 'nganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto sia:
del doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti
delle ninfe innamorati
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati:
or da Bacco ' riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
del doman non c'è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può far a Amor riparo
se non gente rozze e 'ngrate.
Ora insieme mescolate
suonan, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questa soma che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d'anni pieno:
se non può star zitto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol essere lieto, sia:
del doman non c'è certezza.
Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Ciascun apra ben gli orecchi:
di doman nessun si paschi:
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi:
ogni tristo pensiero caschi;
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò che ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
17.
Io seguo con disio quel più mi spiace,
e per più vita spesso il mio fin bramo.
e per uscir di morte morte chiamo
cerco quiete ove non fu mai pace
vo drieto a quel che io fuggo e che mi sface,
e iI mio inimico assai più di me amo,
e d'uno amaro cibo non mi sfamo
libertà voglio e servitù mi piace.
Fra iI foco ghiaccio e nel piacer dispetto,
fra morte vita e nelia pace guerra
cerco, e fuggire onde io stesso mi lego.
Così in tùrbido mar mio legno rego:
né sa tra l'onde star, né gire a terra,
e cacciato ha timor troppo sospetto.
20.
Amor, che hai visto ciascun mio pensiero
e conosciuto il mio fedel servire,
fammi contento, o tu mi fa' morire!
Stare in vita sì aspra e in tal dolore,
confortar l'alma di sospiri e pianti,
certo, signor, sare' morir men rio.
Se tu hai l'arco e la faretra, Amore,
perché il ghiacciato cor non rompi e schianti?
Non dee donna mortale obstare a dio!
Riguarda all'onor tuo e mio disìo:
pon' fine omai al mio lungo martìre,
perché è vicin l'ultimo sospìre.
42.
O fortunata casa, che eri avezza
sentire i grevi miei sospiri e pianti,
serba l'effigie in te de' lumi santi
e l'altre cose come vili sprezza!
O acque, o fonti chiar' pien' di dolcezza,
che col mormorìo vostro poco avanti
meco piangevi, or si rivolga in canti
la vostra insieme con la mia asprezza!
O letto, delle mie lacrime antiche
ver testimonio, e de' mia sospir' pieno!
O studiolo, al mio dolor refugio!
Vòlto ha in dolcezza Amor nostre fatiche
sol per l'aspetto del volto sereno:
et io non so perché a morir più indugio.
101
Belle, fresche e purpuree viole,
che quella candidissima man colse,
qual piaggia o qual puro aer produr volse
tanti più vaghi fior' che far non suole?
Qual rugiada, qual terra o ver qual sole
tante vaghe bellezze in voi raccolse?
Onde il suave odor natura tolse,
o il ciel, che a tanto ben degnar ne vuole?
Care mie violette, quella mano
che vi elesse intra l'altre, ove eri, in sorte
vi ha di tante excellenzie e pregio ornate!
Quella che il cor mi tolse, e di villano
lo fe' gentile, a cui siate consorte:
quella adunque, e non altri, ringraziate!
107.
O veramente felice e beata
notte, che a tanto ben fusti presente!
O passi ciechi, scorti dolcemente
da quella man suave e dilicata!
Voi, Amore e 'I mio core e la mia amata
donna, sapete sol, non altra gente,
quella dolcezza che ogni umana mente
vince, da uom già mai più provata.
O più che altra armonìa di suoni e canti
dolce silenzio! O cieche ombre, che avesti
di lacrimosa luce privilegio!
O felici sospiri e degni pianti!
O superbo disìo, che presumesti
voler sperare aver sì alto pregio!
159.
O brievi e chiare notti, o lunghi e negri
giorni, o ombre lucenti, o luce obscura,
luce che lume agli occhi aperti fura,
ombra che i chiusi di chiar lume allegri!
O sonno obscur, che e pensier' ciechi et egri
converti in vision di luce pura,
o imagin del morir, qual mentre dura
veggo, odo e sento, e' miei disir' ho intègri!
O mia troppa dolcezza di te stessa
mortal nimica, che al disìo davanti
mio ben poni, e poi fuggi, onde io mi doglio!
O infelici sonni delli amanti,
dapoiché, quando ho più quel che più voglio,
lo perdo, e fugge allor che più s'appressa!