Ugo Foscolo
CANZONETTE
I. LA PARTENZA
Partita
è Cloe: ah! volino
Le Grazie a lei d'intorno,
E lieta
l'accompagnino
Al rustico soggiorno.
Or forse è
giunta, e tacita
Trascorre il campo aprico:
Deh! fra soavi
palpiti
Rammenti il fido amico.
Ruscel che scorri
limpido,
Se ascolti il nome mio,
Più dolcemente
mormora,
Dille che l'amo anch'io.
Auretta solitaria,
Se
intorno a lei t'aggiri,
Con flebil suono annunziale
I mesti
miei sospiri.
Vispi augellini teneri,
Ito dov'ella
siede,
E con gorgheggio querulo
Le rammentato fede.
Voi
pure amate, e il giubilo
È a voi compagno: io solo
Amo,
ma spargo lagrime,
Amo, ma in mezzo al duolo.
Pur mi son
dolci i gemiti
Per questo amor pudico;
Ah! fra soavi palpiti
Rammenti il fido amico.
II. LA LONTANANZA
Ito,
aure dolci, a Cloe
Che le delizie or godo
Dei boschi, e i lai
lion ode
D'un tenero amatori
La troverete al margo
Forse
d'un rio cannoso,
O al rozzo d'odoroso
Arbore in grembo ai
fior.
Ite, aure dolci, a Cloe,
E con scherzosi giri
Recate i miei sospiri,
Le rammentate amor.
Una
vezzeggi il crine,
L'altra, ogni incenso accolto,
Lambisca il
roseo volto,
Soave scenda al cor.
Torna, gentil
donzella,
Con flebil suon le dica,
Torna, vezzosa amica,
Al
tuo poeta in sen.
Le grazïose aurette
Passano ad
una ad una,
E mi prometto ognuna
Chieder pietà al mio
ben.
Chinano il capo i gigli,
Scuoton le frondi i rami,
Sembrano dirmi: Ed ami
Con tanta fedeltà?
Se
son pietosi i fiori,
So son pietosi i venti,
A' pianti ed a'
lamenti,
Non avrà Cloe pietà?
III. LA SORPRESA
Odi
de' versi miei,
O pastorella, il suono,
E ti prometto in dono
Un nastro porporin.
Venne fra' boschi tuoi
A soggiornar la
bella?
E lei, se a lei saltella
Vicino un agnellin.
Conoscer
tu la puoi
Dalle sue biondo chiome...
Ma dir vorresti: E
come
Vestita qui sen va?
Odi: qual te s'ammanta
D'un
gonnellin leggiero,
Chè lascia il fasto altero
All'invida
città.
Ha leggiadretto il labbro,
Neri e focosi i
lumi,
Ha placidi i costumi
E gli atti al par di te.
Già
la conosci: or vanno
A lei correndo, e dille:
Fille, vezzosa
Fille,
Elpin ti chiama a sè.
Elpin? dirà...
Sì Elpino,
Tu le rispondi, e ascoso
Là fra quel
bosco ombroso
Te sola attende Elpin.
Vanne: già udisti
quanto,
O pastorella, aspetto,
E in dono ti prometto
Un
nastro porporin.
IV. L'ADDIO
Or
tra i romiti boschi
Men vo, ma porto scolto
Il tuo vezzoso
volto
In mezzo a questo sen.
Fida ti serba: addio,
Tenera
Cloe, ben mio,
Ah! d'un fedele amante,
Cara, rammenta almen.
Gorgheggeran
gli augelli
Fra l'inquïete frondi;
O cara, ove
t'ascondi?
Io griderotti allor.
Ah! mi parrà ogni cosa
L'amica mia vezzosa,
Ma tu rammenta almeno
Il più
fedele amor.
Verrassi un venticello,
E con pietosi giri
Dirammi: Son sospiri
Questi del fido ben.
Ma fuggirà
l'inganno,
Sospiri non saranno;
Chè forse non rammenti
Il nome mio nemmen.
Pastori e forosette
Verran con
faccia lieta,
E al primo lor poeta
Diran: Deh! canta amor!
Io
mescerò frattanto
A' mesti versi il pianto,
Ma tu
rammenta almeno
Un infelice ardor.
Se nol rammenti, ah!
Cloe,
Rammentati ch'Amore
È meco a tutte l'ore,
E
squarciami ogni vel;
Dirà se tu se' amante,
Dirà
se se' incostante,
E dir saprà se ognora
Tu mi sarai
fedel.
Ma di te, dolce amica,
Stolto, diffido invano,
Chè benchè in suol lontano
Mi serberai nel
sen.
Cos'io ti serbo. Addio,
Tenera Cloe, ben mio:
Ah! del
più fido amante,
O Cloe, rammenta almen.
V. LA ROSA TARDA
Le
bionde Grazie schiusero
Al ghirlandato aprile
Le verdi porte,
e mancavi
De' fiori il più gentile?
Con le sue
mani ambrosie
L'innamorata Aurora
Dal Cielo umor freschissimo
Per lui non sparse ancora?
Tu, fior splendente e
semplice
Come la mia vezzosa,
Tu fra le spine floride
Ancor
non spunti, o Rosa.
Mentre vedeati sorgere
Il gajo
Anacreonte
Inni t'ergea cingendosi
Di te la calva fronte.
E
in mezzo a danze e giubilo
L'altrui chiamava aita
Onde cantar
tua morbida
Foglia agli Iddii gradita.
Tu sei trofeo di
tenere
Grazie, sei giuoco, o Rosa,
D'amor nei giorni floridi
A Citerea scherzosa.
E che fia mai d'amabile
Senza
il bel fiore? infine
Le Ninfe han braccia rosee,
L'Alba le
dita e il crine.
Così cantava il vecchio
Tejo
poeta; Amore
Dettava i carmi, memore
Di te suo caro fiore.
E
a noi sei caro: immagine
Tu delle guance sei
Di Lei che tien
l'imperio
Su tutti gli atti miei.
Di Lei che bella e
fulgida
In sua bellezza or viene,
Che con un sguardo sforzami
Baciar le mie catene.
Ma sorgi ormai, purpuree
Bel
fiorellino, sorgi;
Tu alla mia dolce vergine
Gaja ghirlanda
porgi.
Su le sue chiome d'auro
Tanto sarà più
vaga
Quanto vicino al latteo
Seno che gli occhi impiaga.
Deh!
sorgi, o fior! l'armonico
Plettro ch'Amor risuona
Da tuo
fragranti foglie
Gentile avrà corona.
E a questo
sen medesimo
Io ti porrò, bel fiore,
Come verace
effigie
D'un innocente core.