Giuseppe Parini
LA CADUTA
e altre rime
La Caduta
(dalle Odi)
Quando Orion dal cielo
declinando imperversa
e pioggia e nevi e gelo
sopra la terra ottenebrata versa,
me spinto ne la iniqua
stagione, infermo il piede,
tra il fango e tra l'obliqua
furia de' carri la città gir vede;
e per avverso sasso
mal fra gli altri sorgente
o per lubrìco passo
lungo il cammino stramazzar sovente.
Ride il fanciullo; e gli occhi
tosto gonfia commosso
che il cubito o i ginocchi
me scorge o il mento dal cader percosso.
Altri accorre; e: - Oh infelice
e di men crudo fato
degno vate! - mi dice;
e, seguendo il parlar, cinge il mio lato
con la pietosa mano;
e di terra mi toglie;
e il cappel lordo e il vano
baston dispersi ne la via raccoglie:
- Te ricca di comune
censo la patria loda;
te sublime, te immune
cigno da tempo che il tuo nome roda
chiama gridando intorno;
e te molesta incìta
di poner fine al Giorno
per cui cercato a lo stranier ti addita.
Ed ecco il debil fianco
per anni e per natura
vai nel suolo pur anco
fra il danno strascinando e la paura:
né il sì lodato verso
vile cocchio ti appresta
che te salvi a traverso
de' trivi dal furor de la tempesta.
Sdegnosa anima! prendi
prendi novo consiglio,
se il già canuto intendi
capo sottrarre a più fatal periglio.
Congiunti tu non hai,
non amiche, non ville
che te far possan mai
nell'urna del favor preporre a mille.
Dunque per l'erte scale
arrampica qual puoi;
e fa' gli atri e le sale
ogni giorno ulular de' pianti tuoi.
O non cessar di porte
fra lo stuol de' clienti,
abbracciando le porte
de gl'imi che comandano a i potenti;
e lor mercé penètra
ne' recessi de' grandi;
e sopra la lor tetra
noia le facezie e le novelle spandi.
O, se tu sai, più astuto
i cupi sentier trova
colà dove nel muto
aere il destin de' popoli si cova;
e fingendo nova esca
al pubblico guadagno
l'onda sommovi e pesca
insidioso nel turbato stagno.
Ma chi giammai potrìa
guarir tua mente illusa
o trar per altra via
te ostinato amator de la tua Musa?
Lasciala: O, pari a vile
mima, il pudore insulti,
dilettando scurrile
i bassi geni dietro al fasto occulti -.
Mia bile, al fin costretta
già troppo, dal profondo
petto rompendo, getta
impetuosa gli argini; e rispondo:
- Chi sei tu che sostenti
a me questo vetusto
pondo e l'animo tenti
prostrarmi a terra? Umano sei, non giusto.
Buon cittadino, al segno
dove natura e i primi
casi ordinar, lo ingegno
guida così che lui la patria estimi.
Quando poi d'età carco
il bisogno lo stringe,
chiede opportuno e parco
con fronte liberal che l'alma pinge.
E se i duri mortali
a lui voltano il tergo,
ei si fa, contro a i mali,
de la costanza sua scudo ed usbergo.
Né si abbassa per duolo,
né s'alza per orgoglio -.
E ciò dicendo, solo
lascio il mio appoggio; e bieco indi mi toglio.
Così, grato a i soccorsi,
ho il consiglio a dispetto;
e privo di rimorsi,
col dubitante piè torno al mio tetto.
Per l'ìnclita Nice.
(dalle Odi)
Quando novelle a chiedere
manda l'ìnclita Nice
del piè che me costringere
suole a letto infelice,
sento repente l'intimo
petto agitarsi del bel nome al suon.
Rapido il sangue fluttua
ne le mie vene: invade
acre calor le trepide
fibre, m'arrosso: cade
la voce; ed al rispondere
util pensiero in van cerco e sermon.
Ride, cred'io, partendosi
il messo. E allor soletto
tutta vegg'io, con l'animo
pien di novo diletto,
tutta di lei la immagine
dentro a la calda fantasia venir.
Ed ecco ed ecco sorgere
le delicate forme
sovra il bel fianco; e mobili
scender con lucid'orme
che mal può la dovizia
dell'ondeggiante al piè veste coprir.
Ecco spiegarsi e l'òmero
e le braccia orgogliose
cui di rugiada nudrono
freschi ligustri e rose,
e il bruno sottilissimo
crine che sovra lor volando va:
e quasi molle cumulo
crescer di neve alpina
la man che ne le flòride
dita lieve declina,
cara de' baci invidia
che riverenza contener poi sa.
Ben puoi tu novo illèpido
sceso tra noi costume
che vano ami dell'avide
luci render l'acume
altre involar delizie,
immenso intorno a lor volgendo vel:
ma non celar la grazia
né il vezzo che circonda
il volto affatto simile
a quel de la gioconda
Ebe che nobil premio
al magnanimo Alcìde è data in ciel.
Né il guardo che dissimula
quanto in altrui prevale;
e vòlto poi con sùbito
impeto i cori assale,
qual Parto sagittario
che più certi fuggendo i colpi ottien.
Né i labbri or dolce tumidi
or dolce in sé ristretti
a cui gelosi temono
gli Amori pargoletti
non ormai tutto a suggere
doni Venere madre il suo bel sen;
i labbri onde il sorridere
gratissimo balena;
onde l'eletto e nitido
parlar che l'alme affrena
cade, come di limpide
acque lungo il pendio lene rumor,
seco portando e i fulgidi
sensi ora lieti or gravi,
e i geniali studii,
e i costumi soavi
onde salir può nobile
chi ben d'ampia fortuna usa il favor.
Ah! la vivace immagine
tanto pareggia il vero
che, del piè leso immèmore
l'opra del mio pensiero
seguir già tento; e l'aria
con la delusa man cercando vo.
Sciocco vulgo, a che mormori,
a che su per le infeste
dita ridendo noveri
quante volte il celeste
a visitare ariete
dopo il natal mio dì Febo tornò?
A me disse il mio Genio
allor che io nacqui: - L'oro
non fia che te solleciti
né l'inane decoro
de' titoli, né il perfido
desìo di superare altri in poter.
Ma di natura i liberi
doni ed effetti, e il grato
de la beltà spettacolo
te renderan beato,
te di vagare indòcile
per lungo di speranze arduo sentier-.
ìnclita Nice: il secolo,
che di te s'orna e splende
arde già gli assi l'ultimo
lustro già tocca, e scende
ad incontrar le tenebre
onde una volta giovanetto uscì.
E già vicine a i limiti
del tempo i piedi e l'ali
provan tra lor le vergini
Ore che a noi mortali
già di guidar sospirano
del secol che matura il primo dì.
Ei te vedrà nel nascere
fresca e leggiadra ancora
pur di recenti grazie
gareggiar con l'aurora;
e, di mirarti cùpido,
de' tuoi begli anni farà lento il vol.
Ma io, forse già polvere
che senso altro non serba
fuor che di te, giacendomi
fra le pie zolle e l'erba,
attenderò chi dicami:
- Vale, - passando - e ti sia lieve il suol _.
Deh! alcun che te ne l'aureo
cocchio trascorrer veggia,
su la via che fra gli alberi
suburbana verdeggia,
faccia a me intorno l'aere
modulato del tuo nome volar.
Colpito allor da brivido
religioso il core,
fermerà il passo, e attònito
udrà del tuo cantore
le commosse reliquie
sotto la terra argute sibilar.
Che spettacol gentil
(da Poesie varie)
Che spettacol gentil, che vago oggetto,
fu il veder la mia Nice all'improvviso,
quando sorpresa in abito negletto
m'apparve innanzi ed arrossì nel viso!
Come il candido velo al sen ristretto
i bei membri avvolgea! Come indeciso
celava e non celava i fianchi e il petto
che sorger si vedeva in due diviso!
Quali forme apparian sotto a la veste!
Paga era l`alma e vivo era il desio;
e il piacer del mirarla era celeste.
Deh mi concedi, Amor, che quella cruda
tal mi si mostri anco un momento, ed io
più non invidio chi vedralla ignuda.