Ottavio Rinuccini
IL BALLO DELLE INGRATE
(in genere rappresentativo
Musicato da Claudio Monteverdi)
Prima rappresentazione alle nozze di Francesco Gonzaga, erede del trono ducale di Mantova con Margherita, infante di Savoia, 1608, a Mantova
Interlocutori
Amore,
Venere e Plutone
Quattro Ombre d'Inferno
Otto Anime Ingrate che
ballano
Strumenti
Cinque
Viole da brazzo
Clavicembalo e Chitarrone,
li quali istrumenti
si radoppiano secondo
il bisogno della grandezza del loco
in
cui devisi rapresentare.
Prima si fa una scena la cui prospettiva formi una bocca d'Inferno con quattro strade per banda, che gettino fuoco, da quali usciscono a due a due le Anime Ingrate, con gesti lamentevoli, al suono della entrata che sarà il principio del ballo, il qual va cotante volte ripetito da suonatori fino che trovino poste nel mezzo del loco in cui assi da dar principio al ballo, Plutone sta nel mezzo conducendole a passi gravi, poi ritiratosi alquanto, dopo finita la entrata, danno principio al ballo, poscia Plutone fattolo fermare nel mezzo, parla verso alla Principessa, e Damme, che saranno presenti, nel modo che sta scritto; Delle Anime Ingrate, il lor vestito sarà di color cenerito, adornato di lacrime finte; finito il ballo tornano nel Inferno, nel medesimo modo del'uscita, e al medesimo suono lamentevole, restandone una nella fine in scena, facendo il lamento che sta scritto, poi entra nel'Inferno. Al levar de la tela si farà una sinfonia a beneplacito.
AMORE
De
l'implacabil Dio
Eccone giunt'al Regno,
Seconda, O bella Madre,
il pregar mio.
VENERE
Non
tacerà mia voce
Dolci lusinghe e prieghi
Finche l'alma
feroce
Del Re severo al tuo voler non pieghi.
AMORE
Ferma,
Madre, il bel piè, non por le piante
Nel tenebroso
impero,
Che l'aer tutto nero
Non macchiass'il candor del bel
sembiante:
Io sol n'andrò nella magion oscura,
E
pregand'il gran Re trarotti avante.
VENERE
Va
pur come t'agrada. Io qui t'aspetto,
Discreto pargoletto.
(Sinfonia)
Udite,
Donne, udite! I saggi detti
Di celeste parlar nel cor
servate:
Chi, nemica d'amor, nei crudi affetti
Armerà il
cor nella fiorita etate,
(Sinfonia)
Sentirà
come poscia arde a saetti
Quando più non avrà grazia
e beltate,
E in vano risonerà, tardi pentita,
Di lisce e
d'acque alla fallace aita.
PLUTONE
Bella
madre d'Amor, che col bel ciglio
Splender l'Inferno fai sereno e
puro,
Qual destin, qual consiglio
Dal ciel t'ha scorto in
quest'abisso oscuro?
VENERE
O
de la morte innumerabil gente
Tremendo Re, dal luminoso
cielo
Traggemi a quest'orror materno zelo:
Sappi che a mano a
mano
L'unico figlio mio di strali e d'arco
Arma, sprezzato
arcier, gli omer e l'ali.
PLUTONE
Chi
spogliò di valore l'auree saette
Che tante volte e
tante
Giunsero al cor de l'immortal Tonnante?
VENERE
Donne,
che di beltate e di valore
Tolgono alle più degne il nome
altero,
Là, nel Germano Impero,
Di cotanto rigor sen van
armate,
Che di quadrell'aurate
E di sua face il foco
Recansi
a scherzo e gioco..
PLUTONE
Mal
si sprezza d'Amor la face e'l telo.
Sallo la terra e'l mar,
l'inferno e'l cielo.
VENERE
Non
de' più fidi amanti
Odon le voci e i pianti.
Amor,
Costanza, Fede
Non pur ombra trovar può di mercede.
Questa
gli altrui martiri
Narra ridendo. E quella
Sol gode d'esser
bella
Quando tragge d'un cor pianti e sospiri.
Invan gentil
guerriero
Move in campo d'honor, leggiadro e fiero.
Indarno
ingegno altero
Freggia d'eterni carmi
Beltà che non
l'ascolta e non l'aprezza.
Oh barbara fierezza!
Oh cor di tigre
e d'angue!
Mirar senza dolore
Fido amante versar lagrime e
sangue!
E per sua gloria, e per altrui vendetta
Ritrovi in sua
faretra Amor saetta!
PLUTONE
S'invan
su l'arco tendi
I poderosi strali,
Amor che speri, e che
soccorso attendi?
AMORE
Fuor
de l'atra caverna
Ove piangono invan, di Speme ignude,
Scorgi,
Signor, quell'empie e crude!
Vegga, vegga sull'Istro
Ogni anima
superba
A qual martir cruda beltà si serba!
PLUTONE
Deh!
Chi ricerchi, Amor!
Amor, non sai che dal carcer profondo
Cale
non è che ne rimeni al mondo?
AMORE
So
che dal bass'Inferno
Per far ritorno al ciel serrato è il
varco.
Ma chi contrasta col tuo poter eterno?
PLUTONE
Saggio
signor se di sua possa è parco.
VENERE
Dunque
non ti rammenti
Che Proserpina bella a coglier fiori
Guidai sul
monte degli eterni ardori?
Deh! Per quegli almi contenti,
Deh!
Per quei dolci amori,
Fa nel mondo veder l'ombre dolenti!
PLUTONE
Troppo,
troppo possenti
Bella madre d'Amore,
Giungon del tuo pregar gli
strali al cuore!
Udite!
Udite! Udite!
O dell'infernal corte
Fere ministre, udite!
OMBRE
D'INFERNO
Che vuoi? Ch'imperi?
PLUTONE
Aprite
aprite aprite
Le tenebrose porte
De la prigion caliginosa e
nera!
E de l'Anime Ingrate
Trahete qui la condannata schiera!
VENERE
Non
senz'altro diletto
Di magnanimi Regi
Il piè porrai ne
l'ammirabil tetto!
Ivi, di fabri egregi
Incredibil lavoro,
O
quanto ammirerai marmorii fregi!
D'ostro lucent' e d'oro
Splendon
pompose le superbe mura!
E per Dedalea cura,
Sorger potrai tra
l'indorate travi,
Palme e trionfi d'innumerabil Avi.
Ne minor
meraviglia
Ti graverà le ciglia,
Folti Theatri rimirando
e scene,
Scorno del Tebro e de la dotta Atene!
Qui incominciano apparire le Donne Ingrate, et Amore e Venere così dicono:
AMORE
E VENERE
Ecco ver noi l'adolorate squadre
Di quell'alme
infelici. Oh miserelle!
Ahi vista troppo oscura!
Felici voi se
vi vedeva il fato
Men crude e fere, o men leggiadre e belle!
Plutone rivolto verso Amore e Venere così dice:
PLUTONE
Tornate
al bel seren, celesti Numi!
Rivolto poi all'Ingrate, così segue:
PLUTONE
Movete
meco, voi d'Amor ribelle!
Con gesti lamentevoli, le Ingrate a due a due incominciano a passi gravi a danzare la presente entrata, stando Plutone nel mezzo, camminando a passi naturali e gravi.
Giunte tutte al posto determinato, incominciano il ballo come segue.
(Sinfonia)
Danzano il ballo sino a mezzo; Plutone si pone in nobil postura, rivolto verso la Principessa e Damme, così dice:
PLUTONE
Dal
tenebroso orror del mio gran Regno
Fugga, Donna, il timor dal
molle seno!
Arso di nova fiamma al ciel sereno
Donna o Donzella
per rapir non vegno.
E
quando pur de vostri rai nel petto
Languisce immortalmente il cor
ferito,
Non fora disturbar Plutone ardito
Di cotanta Regina il
lieto aspetto.
Donna
al cui nobil crin non bassi fregi
Sol pon del Cielo ordir gli
eterni lumi,
Di cui l'alma virtù, gli aurei costumi
Farsi
speglio dovrian Monarchi e Regi.
Scese
pur dianzi Amor nel Regno oscuro.
Preghi mi fè ch'io vi
scorgessi avanti
Queste infelici, ch'in perpetui pianti
Dolgonsi
invan che non ben sagge furo.
Antro
è la giù, di luce e d'aer privo,
Ove torbido fumo
ogni hor s'aggira:
Ivi del folle ardir tardi sospira
Alma
ch'ingrata hebbe ogni amante a schivo.
Indi
le traggo e ve l'addito e mostro,
Pallido il volto e lagrimoso il
ciglio,
Per che cangiando homai voglie e consiglio
Non piangete
ancor voi nel negro chiostro.
Vaglia
timor di sempiterni affanni,
Se forza in voi non han sospiri e
prieghi!
Ma qual cieca ragion vol che si nieghi
Qual che
malgrado alfin vi tolgon gli anni?
Frutto
non è di riserbarsi al fino.
Trovi fede al mio dir mortal
beltate.
Poi rivolto al Anime Ingrate, così dice:
Ma
qui star non più lice, Anime Ingrate.
Tornate al lagrimar
nel Regno Inferno!
Qui ripigliano le Anime Ingrate la seconda parte del Ballo al suono come prima, la qual finita Plutone così gli parla:
Tornate
al negro chiostro,
Anime sventurate,
Tornate ove vi sforza il
fallir vostro!
Qui tornano al Inferno al suono della prima entrata, nel modo con gesti e passi come prima, restandone una in scena, nella fine facendo il lamento come segue; e poi entra nell'Inferno:
UNA
DELLE INGRATE
Ahi troppo Ahi troppo è duro!
Crudel
sentenza, e vie più crude pene!
Tornar a lagrimar
nell'antro oscuro!
Aer sereno e puro,
Addio per sempre! Addio
per sempre,
O cielo, o sole! Addio lucide stelle!
Apprendete
pietà, Donne e Donzelle!
QUATTRO
INGRATE insieme
Apprendete pietà, Donne e Donzelle!
Segue
UNA DELLE INGRATE
Al fumo, a gridi, a pianti,
A sempiterno
affanno!
Ahi! Dove son le pompe, ove gli amanti!
Dove, dove sen
vanno
Donne che si pregiate al mondo furo?
Aer sereno e
puro,
Addio per sempre! Addio per sempre,
O cielo, o sole!
Addio lucide stelle!
Apprendete pietà, Donne e Donzelle!