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VITA... MORTE

 

Chi non si è mai chiesto perchè viviamo e per quale scopo? La cosa a cui noi teniamo con tanto amore e che consideriamo la cosa più importante di tutte le nostre aspirazioni ed obiettivi, spesso ci spaventa. Perché abbiamo paura della vita? Abbiamo paura della vita o delle sorprese che essa ci riserva? Potrebbe essere un mistero, un  mistero senza un senso specifico, ma è sicuramente anche realtà, una realtà in cui ognuno di noi lotta, senza rendersi conto, per imparare, lavorare, divertirsi, sopravvivere per raggiungere determinate finalità.. Le fasi della nostra esistenza sono quattro e le possiamo distinguere in: NASCITA, VITA, ATTESA, MORTE.

 

La nascita è la fase iniziale della nostra esistenza umana su questa terra, è l’inizio della vita, un diritto onorevole e buono da sostenere ed alimentare per creare una nuova vita; è l’inizio di una nuova esperienza, una variazione, un risveglio, il sorgere del sole, una immensa gioia, un senso di pace, l’inizio della ricerca di se stesso, uno stato intermedio necessario per intraprendere un nuovo viaggio.

 

 La vita è il dolce trascorrere del tempo che intercorre tra la nascita e la morte; è un insieme di eventi, emozioni ed esperienze, sogni, paure che ci cambiano continuamente, in ogni momento. E’ una cosa meravigliosa, un’opportunità che si deve gestire, una battaglia. E’ credere in qualcosa, voglia di fare del bene al prossimo, corrispondere ed amare, coalizzare, unirsi e fondersi con gli altri  per creare gruppi di appartenenza, fedi, religioni, ideologie, partiti; ma è anche illusione, attaccamento e paura, è qualcosa che ci è stata data e, anche se non è facile, per definirla occorrerebbe scrivere  tanto. La vita è una cosa meravigliosa, è una gioia infinita, ma quando ti accorgi che sta per finire ti rendi conto che è anche una noia, una fregatura, una brutta avventura, e che tutto ciò che ti capita intorno è solo la conseguenza delle tue azioni, pensi al passato e cerchi di dimenticare. E’ un fantastico viaggio verso la morte; la vita e la morte non sono separate, vanno sempre a braccetto, sono un’unica cosa; dove non c’è vita non c’è morte.

La vita è bella e affascinante, è qualcosa che ti prende quotidianamente e ti fa pensare e, per continuare ad esserci ed essere vivi anche dopo morto, va vissuta giorno per giorno, anche nella malattia e nel dolore.

Madre Teresa diceva: “La vita è un'opportunità, è bellezza, è beatitudine, è un sogno, è una sfida, è un dovere, è un gioco, è preziosa, è una ricchezza, è un mistero, è tristezza, è un inno, è una lotta, è un'avventura, è felicità, è promessa, è speranza, è amore… è la vita, perciò coglila, ammirala, assaporala, affrontala, fanne una realtà, abbine cura, conservala, godila, scoprila, adempila, superala, cantala, accettala, rischiala, meritala, DIFENDILA!!!

 

L’attesa coincide e si sovrappone alla vita, è la sua percezione e comprensione.

In tutto ciò che facciamo, pensiamo, diciamo e realizziamo, ed in tutto ciò che viviamo e in come lo viviamo, noi siamo in attesa.

E’ in attesa dell’esito dell’esame lo studente, del responso del medico il malato, della pioggia e della primavera la vegetazione, dell’acqua dei fiumi il mare. Attendi l’ora del pranzo ed il cameriere è in attesa della mancia, attendi che bolle l’acqua per la pasta, sei in attesa tu del sorriso dei tuoi familiari,  sei in attesa di un posto di lavoro, attendi che i figli si facciano grandi e sei in attesa del loro matrimonio e di una loro sistemazione.

Sei in attesa  di un gesto di comprensione, di un saluto o di un bacio della persona amata, sei in attesa di un aiuto di una confidenza e sei anche in attesa che la cosa bella che stai vivendo non finisca, sei in attesa della la fine del giorno e della cena.

E’ in attesa colui che si reca al cinema o al teatro, è in attesa della nave dell’aereo o del treno il viaggiatore all’aeroporto o in stazione, ma è anche in attesa il pensionato allo sportello delle poste, ed è anche in dolce attesa la futura mamma, è in attesa della guarigione il malato, è in attesa della scarcerazione il galeotto, è in attesa il tifoso della fine della partita, sei in attesa di una lettera ma è in attesa anche il postino che tu gli apra la porta, è in attesa anche l’automobilista al semaforo o il ferito, dopo l’incidente, dell’arrivo dell’ambulanza. E’ in attesa del perdono l’infedele dopo un atto di tradimento, è in attesa della vittoria lo sportivo, è in attesa il fedele del Salvatore. La storia umana vive e gira dentro, fuori ed intorno a queste attese; la vita è costituita da grandi, immense attese, tutta la vita umana è incernierata su di esse e noi viviamo per risolverle. Le attese sono parti integranti della nostra vita e se non vengono soddisfatte ci creano fastidi, delusioni, rabbia, odio e collera. L’attesa ci distrugge e il nostro organismo lo sa; tutti i problemi della nostra esistenza nascono dal fatto che abbiamo delle attese da risolvere; e solo vivendo che impariamo il gioco delle attese con tempi e scadenze. In tutta questa mondiale, universale, cosmica attesa corriamo il rischio di perderci e morire nel nulla ma anche di ritrovarci e rinascere a nuova vita. Il nostro compito è quello di sfruttare al meglio il tempo di attesa per vivere sani, felici ed in armonia con gli altri senza mai rasentare l’orlo della distruzione della nostra vita; perciò lungi da noi le preoccupazioni, gli scoraggiamenti, la rabbia, l’odio, le ambizioni, le illusioni, gli inganni, gli indottrinamenti sia politici che religiosi e tutte le circostanze che possono distruggere il buon utilizzo dei tempi di attesa che sono la nostra vita.

Dove c'è vita c’è attesa, dove c’è attesa c’è morte; la vita offre una speranza e prepara l'uomo, attraverso l’attesa, ad affrontare la morte.  

La morte è la negazione della vita e ce la portiamo dietro giorno dopo giorno.

La morte è la nostra eterna compagna, è sempre lì al nostro fianco, a pochissima distanza da noi, ci osserva, ci parla ed a volte ci fa percepire il suo alito, è anche la nostra consigliera. In caso di difficoltà, in ogni momento, possiamo rivolgerci a lei, che è ad un passo da noi, per avere un consiglio.

Morire significa perdere la propria vita, rinunciare a se stessi, alle proprie aspirazioni, alle proprie passioni, alle proprie idee ed attaccamenti, al proprio tempo, al proprio talento, alle proprie ricchezze sia materiali che spirituali e mettersi a disposizione di nessuno gratuitamente, senza nulla chiedere in cambio o aspettarsi un ritorno o una gratifica. Tutto al solo scopo di trovare la pace eterna. Rinunciare alla propria vita, rinunciare a se stesso è come mettersi in viaggio sul treno della speranza, il treno che percorre tutte le curve della nostra vita e che vorremmo non fermasse mai alla stazione dei cipressi dove riposeremo per sempre. La morte ha molta pazienza e sa aspettare, ci accarezza in ogni momento, non è traditrice anche se è sempre pronta a portarci con se, ovunque, a qualsiasi ora; ci fa riflettere e spesso prendere delle giuste decisioni, ma non la desideriamo, anzi la odiamo ed abbiamo paura di lei. Io personalmente mi sono abituato alla sua presenza e al suo gelido alito che mi sfiora costantemente la spalla, non mi fa paura ma non la desidero neanche. So che il tempo che ho ancora a disposizione sta per terminare, non so quando e non so dove ma cercherò, in ogni caso, quando appassirò, quando terminerà il sentiero che sto percorrendo, quando non saprò più sorridere ed i fiori non avranno più profumo per me, quando quel nodo mi stringerà la gola e le lacrime incominceranno a solcare il mio viso, quando si frantumerà l’ultima alba spegnendo la mia ultima speranza, cercherò di ritrovarmi assieme a chi mi vuole bene, nella mia casa e penserò aspettando la mia ora fatale. Aspetterò la morte fuori di casa per le scale e dietro di me chiuderò la porta lasciando dentro i miei ricordi, i miei affetti, le mie illusioni, i miei sogni, ma anche la mia superbia, la mia vanità, il mio orgoglio ed il dolore delle mie cadute e sconfitte che saranno ben custoditi dai miei cari. Lì aspetterò anche il buon Dio (Il Signore del piano di sopra) e, poiché penso di essere stato sempre buono con il prossimo e l’umanità, gli chiederò di darmi una mano per scalare il Paradiso. Non andrò via con piacere ma infelice per non aver avuto il tempo necessario per sorridere perché sono stati pochi i momenti felici della mia vita; sicuramente lascerò questo pazzo mondo sereno e soddisfatto per aver fatto del mio meglio. Quando non riuscirò a fermare più il tempo dinnanzi a me, quando tutte le strade intorno a me resteranno deserte, quando le ultime luci si spegneranno e la notte mi avvolgerà per sempre nel suo buio profondo, significa che l’ora è giunta, io andrò per assaporare il lungo sonno della pace e lascerò, dietro di me, una lunga scia di infinito dolore e tristezza. Questa sarà l’eterna ruota: La ormai famosa circonferenza della vita e della morte.

Franco Adorna

 

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